sabato 5 maggio 2007

13 - VESTITI


E. C. , mamma
Perché è dai vestiti che si capisce. E dalla collana, abbinata al colore delle scarpe, o a quello della maglietta. E poi dalla forma dei capelli, dal viso più colorato, dalla borsa, grande o piccola, però carina. E dal sorriso, anche nella stanchezza dell’insonnia dell’ultimo trimestre.
Perché i vestiti parlano in quei mesi. E cambiano, e riescono a sembrare bellini anche se ne hai due in tutto, forse è per come li abbini, forse è per la donna che ci infili dentro. Rimane qualche momento difficile: all’inizio, quando ancora non hai capito come andrà davvero per te, quando magari vuoi (o devi) aspettare a lasciar “sbucare” la pancia; e poi più avanti, quando ti ripeti “io quegli orrendi vestiti premamam non me li metterò mai”, anche se alla fine qualcosa di infilabile lo devi comprare, soprattutto se partorisci d’inverno, anche perché di solito vai a lavorare e gli altri già temono la tua gravidanza, figuriamoci l’allarme di vederti vestita in modo diverso. E magari succede che un giorno arrivano le colleghe, quelle proprio con cui non scambi mai nulla, tranne un rapido saluto in corridoio, che ti portano un sacchetto pieno di cardigan, e magliette, e pantaloni. E sembra tutto molto strano, perchè con gli altri vestiti, quelli di quando sei “normale”, non lo farebbero mai. I vestiti “normali”, si sa, si scambiano solo con le amiche amiche, o con le sorelle, o con le figlie (quando te lo chiedono loro).
Perché dentro i vestiti sta il corpo. Ed è nel corpo, prima che nella testa, che tutto accade. Solo che questo le altre donne non lo raccontano mai, in quel turbinio di smagliature, di pance che trasformano donne in balene, di ossessioni da olio di mandorle, di seni svuotati, tutte inseguite dalla smania di ritornare “quella di prima”.
Ma tanto quella di prima non ci ritorni mai. È vero che alcune diventano addirittura “meglio”, tanto si impegnano; solo che quella di prima era un’altra, anche se non si dice. Io ad esempio sono ritornata magra, e in poco tempo (la massima fortuna, no?). Ma non più l’Elisabetta di prima: abbastanza provata, direi sfinita e un po’ prosciugata, così mi sento. E forse va bene che quella di prima non ci sia più, spesso ne sono felice. Però avrei voluto e vorrei che qualcuna lo raccontasse che non ha senso tutta quella preoccupazione di mantenere, preservare, ripristinare…
Perché anche dopo, in un dopo che dura tanto, tantissimo, tranne qualche fortunato momento di cura, per una festa, un impegno di lavoro quando ricominci, oppure quella domenica in cui riesci ad asciugarti un po’ meglio i capelli, anche dopo è dai vestiti che si capisce. Buttati addosso, sempre di fretta, prima macchiati, poi spiegazzati da “mamma braccio, braccio!!”, perfettamente abbinati ai capelli, che la forma non la riprendono più, anche quando smettono di cadere. E i pantaloni, in cui entri, non entri, poi rientri e comunque alla fine ti stanno un po’ male. Tanto nel frattempo sono pure passati di moda, anche se a te sembrano i soliti pantaloni neri, normali. Normali, appunto. Di quella normalità delle donne che diventano madri “da grandi” e che continuano a essere tutto il resto, ma il loro corpo lo sa, e lo dice, che adesso, e per sempre, sei davvero diventata un’altra. Una testa di donna in un corpo di madre. O un corpo di donna con una testa di madre. E dei vestiti sempre un po’ sbagliati addosso.

Nessun commento: